Pet therapy
Chi di noi da piccolo non ha desiderato-chiesto-implorato per avere un cane/gatto/tartaruga/criceto/pesce rosso/ecc?
Eppure chissà perché i cuccioli d’uomo hanno da sempre un rapporto ambivalente con gli animali. Tanto gli fa accarezzarli adoranti quanto strattonarli come fossero giocattoli inanimati.
Ti ricordi quando ci si ritrovava in giardino per torturare qualche povera lucertola e vedere se la sua codina ricresceva davvero? O magari a vivisezionare una ranocchia come dei novelli chirurghi?
Quanti occhietti strappati ai peluches di turno, quante tenere lumachine separate forzatamente dalla loro casetta (mamma che brutta immagine)…
Eppure queste inconsapevoli – e/o incolpevoli – crudeltà, sono semplicemente il modo con cui i piccoli umani esplorano il mondo che li circonda.
E – malgrado l’esponenziale aumento di gingilli tecnologici nelle loro manine – non c’è tablet o smartphone che possa eguagliare o sostituire il rapporto fra cuccioli umani e animali (chiunque di noi abbia avuto un cane o un gatto ricorda quanto forte possa essere un legame simile).
Tanto che la scienza stessa si è interrogata sul ruolo e l’importanza degli animali domestici nella vita di tutti noi, soprattutto in quella di chi è meno fortunato.
Era il 1953 quando per la prima volta lo studioso americano Boris Levinson diede il nome di “pet therapy” all’utilizzo di animali per curare negli esseri umani stati di disagio, ansia, stress, depressione e disabilità. Levinson si occupava nello specifico di autismo infantile e rincontrò un miglioramento in diversi piccoli pazienti a contatto con determinati animali.
Da allora innumerevoli studi hanno confermato l’intuizione di Levinson.
Non si tratta di un effetto “magico”, né di una sostituzione alla tradizionale terapia medica. Ma è certo che la pet therapy agisce a livello affettivo (proprio là dove la medicina è più carente) “migliorando” l’effetto che le medicine e i trattamenti hanno su di noi.
Che si tratti di cani, gatti, conigli (ma anche cavalli o asini) la regola è una sola: individuare l’animale più adatto (rigorosamente “da affezione” perché, come prevede la Dichiarazione universale dei diritti dell’animale, l’utilizzo di animali selvatici rappresenterebbe una privazione della LORO libertà) e lasciarsi travolgere dal benessere che ti trasmetterà il tuo nuovo amico a quattro zampe (o a otto, se decidete di prenderne due, 12 se ne volete tre ecc.).
Ad libitum. Have fun!
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