La casa che era nostra
Andate via per due giorni (probabilmente per rilassarvi dallo stress della vita quotidiana) e quando tornate a casa (sognando di immergervi nella vasca da bagno), scoprite che quello che era il vostro nido adesso appartiene ad altre persone. Ve lo immaginate?
Ah, chiaramente non si tratta di un sogno frutto della cena della sera prima a base di peperonata. È quello che è successo a Fiona, la protagonista de “La casa che era nostra”.
Un camion di traslochi parcheggiato davanti alla sua casa in Trinity Avenue (quartiere residenziale alle porte di Londra) la fa sussultare appena capisce che la casa oggetto del trasloco non è quella dei vicini (messa in vendita tempo prima) ma la sua.
Cosa si fa in una situazione del genere? Dopo aver aspettato di vedere spuntare le telecamere di Candid Camera (senza successo) chiami subito tuo marito per cercare rassicurazioni, ma lui non risponde. Il telefono è spento, non raggiungibile, insomma morto. E pagina dopo pagina resta morto.
La vita di Fiona come potete immaginare cambia all’istante. Noi lettori nel frattempo scopriamo cosa è successo prima di quel momento, grazie alla narrazione a due voci, una che appartiene alla donna e l’altra al marito.
460 pagine che si leggono davvero velocemente, ricche di colpi di scena inaspettati e ben costruiti. Brava Louise! (Candlish, l’autrice ndr – http://www.louisecandlish.com/)
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